Il nuovo regno
(tempo di lettura: 25 minuti)
Alla mezza dopo le cinque Mrs Pike ci raduna in sala e ci guarda negli occhi. L’anno scorso, quando sono arrivata, ancora diceva “Dio vi ha dato la vita, io un posto in questa casa”. Adesso le basta guardarci, le braccia incrociate davanti al ventre, e uno sguardo che non ha bisogno di parole. Noi stiamo zitte, pure il giovane Foster, in attesa del suo “cominciamo”. A quel punto prendiamo posizione e iniziamo con le cose che sappiamo e che dobbiamo fare. E non c’è dubbio che le facciamo come Mrs Pike ha insegnato e come pretende che siano fatte sempre, anche quando ti tremano un po’ le mani, o hai dormito male, hai fame o hai freddo nelle ossa. E magari anche tutte queste cose insieme. Nessuno parla mentre porta piatti o posate e nessuno cerca lo sguardo di un altro, nemmeno io perché ho imparato presto quanto vale questa obbedienza. Eppure tanto vorrei che Eleanor mi strizzi l’occhio, e rischierei un rimprovero se potessi averlo, ma niente, nemmeno Eleanor alza mai la testa. Capita però che se la sbircio vedo la sua espressione furbetta comparire anche dietro la maschera seria che si mette quando Mrs Pike è nei paraggi. Però a volte mi rifila un colpetto col fianco e se è sicura di non essere notata, intralcia apposta il mio passaggio. E questo per noi vale più del gioco con gli occhi che vorremmo ma non possiamo.
E pure Foster riga dritto perché le cinghiate di Mr Benjamin in ghiacciaia gli hanno chiuso la bocca e messo i paraocchi come ai cavalli. Un po’ alla volta ha imparato che anche se è sotto la tutela di Jeeves il cuoco, le regole della casa vengono prima. Per sua fortuna è un ragazzo vivace e svelto nei gesti, così quando c’è dare una mano è molto apprezzato da tutti. E gli si perdonano le domande che solo i bambini si ostinano a fare. “Tra dieci anni i treni passeranno davanti a casa?” Oppure una più strana ancora, “Quando saremo nel 1840 il mondo sarà diverso?”, che non so se è meglio o peggio di quella che chiede “Perché non hanno ancora costruito una macchina che va sulla Luna?”
Nelle ultime settimane non iniziamo il servizio se prima Mr Benjamin non ha detto la sua preghiera. Non è che tutti la sentiamo allo stesso modo questa cosa della preghiera, perché ad Eleanor scappa da ridere, per dire, e il giovane Foster forse nemmeno ascolta. E una volta a Mrs Pike è scappata una cosa sul re che era chiaro che non doveva dire. Ma quando per l’appunto c’è di mezzo il re e Mr Benjamin che è il maggiordomo di questa casa da sempre e Mrs Pike che gli dà corda quando sa che bisogna, facciamo tutto per bene anche se non ci va.
“Preghiamo per sua graziosissima maestà re William IV in questi giorni di malattia. Per una rapida guarigione, perché riacquisti tutte le sue forze e perché torni a guidare ancora a lungo noi suoi devoti sudditi. Tutto questo lo chiediamo per i meriti di Gesù Cristo nostro Signore.”
Durante il servizio è normale sentire solo i passi sul legno e il tintinnare della porcellana o dell’argento. Ci muoviamo svelti, ma senza correre. Mrs Pike sa quanto veloce dobbiamo andare e se si accorge che facciamo di fretta ci ferma. Da quella volta che si sono rotti sei piatti perché la piccola Jane se li è fatti scappare, nessuno rischia di perdere la presa solo perché vorrebbe finire presto. Tutti sanno che si finisce solo dopo che i signori si sono alzati da tavola e tutto è tornato giù nella cucina. E’ proprio inutile avere fretta e poi inzupparsi di lacrime la veste, mentre le mani sono gonfie dalle staffilate e pensi che non torneranno mai più quelle di prima. Ma la piccola Jane questo non lo capiva, come tante altre cose.
Mrs Pembrose vuole che si apparecchi per otto, anche se quasi sempre a cenare ci sono lei, Mr Pembrose e James, il figlio triste (mentre Jacob è il povero figlio morto). In cucina Jeeves una volta preparava quanto serviva per sfamare un reggimento - come dice lui -, adesso aspetta di capire se gli ospiti sono attesi davvero o ci sono solo nelle speranze della padrona. Se l’invito è confermato allora è necessario usare i due forni e che tutti ci mettiamo a pulire e pelare e tagliare perché ognuno, al pari di Mrs Pembrose, vuole fare bella figura con i suoi ospiti. E a dirla tutta, più c’è da portare in tavola, più gli ospiti mangiano, più noi siamo lì a servire e ad ascoltare le conversazioni. E se anche ne cogliamo solo qualche pezzetto, è sempre un piacere avere la possibilità di conoscere qualcosa di queste persone che i signori Pembrose trattano come importanti.
A noi però va comunque bene, perché Jeeves, anche quando non deve allestire un banchetto, sforna sempre un pasticcio di carne, perché sa che qualche volta Mr Pembrose glielo chiede e non vuole certo deluderlo. Certo, non mi sfugge cosa lascia nel piatto Mr Pembrose della fetta che tanto sembrava desiderare: tutta tranne un boccone. Ma Mr Pembrose è così, gli piace sapere che il pasticcio di carne c’è sempre, anche quando non ha appetito per mangiarlo. Ed è per questo che quando i signori sono andati in salotto, magari a suonare un po’, tanto più se si unisce a loro Mr Benjamin che ha un bel tocco col violino, o meglio ancora quando il loro lume è ormai chiuso dietro la porta della camera, Jeeves di quello che avanza ci lascia fare tante fette quanti siamo. E allora anche se casco dal sonno, io la mia me la prendo sempre.
Mrs Pembrose è sempre andata molto d’accordo con Mrs Pike. Del resto Mrs Pike è qui da tanti anni e tutta la casa gira attorno a lei. E non è solo una questione di mettere in riga due cameriere e un paggio, ma di assegnare i compiti giusti che servono quando ad avere bisogno sono anche Mr Benjamin, che ormai si occupa più dei cavalli e del giardino che della casa in sé, o Jeeves, che ha tante mansioni diverse oltre al cucinare. Io so ad esempio che se Jeeves non rifornisse di carbone la cantina, ci farebbe mangiare solo prosciutto freddo e formaggio.
Mrs Pike riesce a far fare le cose giuste anche al giovane Foster. Non che sia difficile, se uno tiene a mente che il ragazzo è vivace e irruente, ma anche bravo con le mani e preciso, dunque gli si possono assegnare compiti come curare i centrotavola con rami e fiori della serra, raccogliere le foglie secche, rammendare, ma anche solo tenere in ordine la scatola del cucito. Cose che fa finché non ha raggiunto un risultato perfetto. E se gli dici “bravo Foster”, lui ti risponde “sì, lo so.”
Eppure Mrs Pike non vuole che si parli del suo rapporto con la padrona, oppure dice che non è vero che vanno d’accordo o che se anche fosse è sempre meglio tenere la bocca chiusa. Certe cose si rovinano se ci parli sopra. C’è da dire che in effetti ultimamente tra loro sembra cambiato qualcosa. Saranno le voci che i signori vogliono trasferirsi, o solo il malumore di Mrs Pembrose che forse tanta voglia di partire non ne ha.
Ma quando Mrs Pike ha gli occhi lucidi, a fine serata, io queste cose gliele dico lo stesso. Quello che non le dico è solo che so che quegli occhietti le vengono quando Jeeves le passa la bottiglia. Lei è veloce a tirare un sorso per non farsi vedere, ma è un sorso di quelli che io mi soffocherei tra le fiamme che mi bruciano in gola. Comunque tutti facciamo finta che sia un segreto e se forse lei ormai sa che non è più così, le va bene lo stesso.
Di bello c’è che quando tira quel sorso poi non si arrabbia mai per davvero e ci si può anche po’ scherzare. E se magari ci prova ancora a fare la burbera io le chiedo di parlarmi della sua spiaggia, lassù in Irlanda. E Mrs Pike non può resistere, dal momento che passiamo così tanto tempo dentro la casa dei signori Pembrose e il ricordo della sua spiaggia, lassù sulla costa che guarda l’America, vicino alla casa dei genitori, diventa troppo forte e bello.
Qualche volta diventa triste, a dire la verità, perché i ricordi fanno anche un po’ male. Allora le dico di cantare quella canzone nella sua lingua che io non so, e dopo che ha cantato io le chiedo “E’ la canzone dell’eroe, vero?” anche se lo so perché la riconoscerei cantata anche da un ubriacone. E lei mi risponde “certo, cara, il mio brillante eroe che se n’è andato lontano.” E anche se non è una canzone allegra, Mrs Pike si calma e sembra quasi che sia sul punto di sorridere. So che sta pensando alla baia, ai delfini che ci vengono a giocare e alle pecore sui prati tutt’intorno. Le pecore che le piaceva curare quando era bambina.
Non so se è per questa confidenza che mi prendo con lei e che lei gradisce, ma capita che Mrs Pike mi assegni dei compiti diversi dal solito e diversi da quelli che assegna ad Eleanor. E a me va bene così.
Quello che non posso fare è togliere la tristezza da Mrs Pembrose. Perché non posso mica darle confidenza. E poi questa donna è brava a far finta di niente, ma io glielo leggo negli occhi. Tanti sorrisi dolci, tanta tenerezza che Mr Pembrose quasi neanche si accorge, ma la luce dello sguardo dice che le manca qualcosa. E non è per via di questa storia di partire, quell’espressione l’ha sempre avuta. A me un po’ dispiace che ai signori che non sembra mancare niente, invece c’è qualcosa che vorrebbero. Mr Pembrose vorrebbe essere sempre in città a fare affari e ad aprire fabbriche. Ma lui queste cose le fa già e addirittura presto partirà, anzi purtroppo partiranno tutti e due col triste James per andare a farle lontano, su al nord se non oltre oceano, e qui non sappiamo cosa succederà, nessuno lo dice, ma tutti sembrano sapere.
Da sapere, penso io, ci sono solo non i nomi degli altri padroni che prenderanno questa casa.
Cosa manca a Mrs Pembrose invece non so, ma le mie idee le ho. Non è che poi sia così difficile da immaginare. Non dopo che l’hai vista ridere davanti a Mr Lavoisier, anzi, Monsieur Lavoisier, come Mr Benjamin ci ha spiegato. Scienziato ed artista, dice lui, ma solo nipote di quell’altro che era molto importante, anche se Mr Pembrose ha detto che gli hanno staccato la testa.
Che poi chissà, qui sono tutti grandi uomini quelli che si siedono a tavola, invece magari vivono in casette piene di fuliggine senza servitù, e tengono un abito buono per le occasioni in cui potersi vantare di questo e di quello. Io non so se Monsieur Lavoisier sia uno di questi, certo è che ne ho visti passare a questo tavolo. Ma quel che conta erano le risate con Mrs Pembrose. E le moine civettuole, pure, come le ha chiamate Mrs Pike.
Un altro uomo che è passato di qui una volta diceva di scrivere per un giornale e se con quel francese Mrs Pembroke si è divertita, con questo le sue risate la facevano piangere e agitare sulla sedia come se invece di aver ricevuto parole avesse preso dei colpi al petto. Quel giovane uomo si chiamava Charles e Dickens di cognome, ma Mrs Pembrose che legge i suoi articoli, mi ha detto che lui usa un altro nome sul giornale. Si vedeva benissimo che questo Dickens o come si fa chiamare adesso, la ricchezza non l’aveva mai conosciuta, ma quando uno sa far ridere così, potrebbe anche coricarsi la sera nella stanza di un servitore e restituire l’abito buono al generoso amico che gliel’ha prestato, ed essere un signore degno di tutto il rispetto.
Io vorrei poterci parlare con Mrs Pembrose. Per dirle cosa non so bene, ma di sicuro vorrei che lasciasse partire Mr Pembrose da solo e si vedesse più spesso con tutti gli scienziati e gli artisti e i giornalisti spiritosi con cui le piace conversare e civettare, perchè no. Io non so che male c’è. Se hai avuto così tanto dalla vita, puoi anche pensare di avere anche quel po’ che ti manca.
Dalla vita io ho avuto questa casa finché ci potrò stare. Ho avuto, per così dire diciannove anni, anche se per contarli tutti devo aspettare ancora tre giorni. E so che se oggi è venti, più tre fa ventitre. Che poi sono due giorni dopo il solstizio, quando il sole tramonta più tardi. E so che sono nata nell’anno in cui sono morti in tanti là a Peterloo. Ma da un’altra parte sarà successo anche qualcosa di bello che non so. Poi ho avuto chi mi ha insegnato a usare i numeri e abbastanza pazienza da farmi. leggere per conto mio, cosa che faccio quando c’è candela e il giovane Foster non mi fa il dispetto di tenersi il libro che ha preso per me.
Perché nelle nostre stanze possiamo finalmente rilassarci tutti, mentre il ragazzo, che condivide la camera con Jeeves, si rianima sempre più di quanto sia opportuno, quando può approfittarsi dell’assenza dell’uomo. E se è in vena di fare dispetti non si riesce a combinare niente. E guai se Eleanor decide di venire a trovarmi nel letto. A me non dispiace, ma è sconveniente che il giovane Foster lo venga a sapere. Finora ci è andata bene. E’ ancora troppo ingenuo per pensare che se non vede Eleanor nel suo letto, deve cercarla nel mio. Io però ho imparato a tenerlo a distanza. Basta qualche minaccia. Con lui fa sempre effetto ricordargli che se si avvicina troppo ad una donna nei suoi giorni comincerà a sanguinare pure lui. “Ma troppo quanto?” chiedeva le prime volte, e io “vuoi scoprirlo?” e lui si fermava sulla soglia col dubbio di essere già andato troppo oltre.
Quando mi porta un libro che si procura tra quelli che Mrs Pembrose ha già letto e che non leggerà più né presterà perchè non ha amiche che trascorrono il tempo in questo modo, se non posso farlo entrare, gli dico di lasciarlo a lato della porta. Lo ringrazio e lo spavento dicendogli che dai dolori di pancia che ho temo che la malattia - la chiamo così per fargli impressione - sia più forte e contagiosa. E ovviamente, grazie a Dio, lui scappa via spaventato.
Quello che Eleanor ed io facciamo non è conveniente. Ma pazienza. Non c’è niente di male. E quantomeno so che non mi succederà come alla piccola Jane che poi si è trovata con la pancia gravida. La piccola Jane si è messa in un bel guaio. Non doveva buttare via quel bambino, perché poi la scoprivano e qualcosa sarebbe successo. E qualcosa deve essere successo alla piccola Jane, perché ancora non so che fine ha fatto, con il sangue secco sulla vestina, quando l’hanno caricata sulla carrozza. Perché non è più tornata. E nessuno ne parla o non ne vuole parlare.
A guardarmi le spalle io posso contare su Jeeves. Che proprio alle mie spalle piace stare. Soprattutto quando sono impegnata a tagliare e mescolare, a lui piace passare dietro, appoggiarsi e strofinarsi un po’. Io ormai so che non succede niente. Sento solo il suo fiato sul collo, ma non ho mai dovuto allontanare le sue mani di gigante da me. E’ fatto così Jeeves. Allunga la bottiglia a Mrs Pike, si struscia sul mio sedere, cucina alla perfezione per il piacere dei signori. Dice che un giorno andrà nella sua casa vicino al canale, là nei Fens, come ripete sempre, che non so bene dove sono, ma certo a sentire lui hanno acqua in abbondanza là. E comunque i guai bisogna andarseli a cercare perché gli uomini di casa non sono pericolosi. A non fidarsi bisogna di chi viene da fuori. E la piccola Jane avrebbe dovuto saperlo.
Oggi lavoriamo come al solito, di sotto bolle lo stufato e il profumo mi fa un po’ perdere la testa. E’ tutto il giorno che Mrs Pembrose è fuori casa ed è strano perché di solito torna per mettersi comoda prima della cena. Ma con Mr e Mrs Pembrose non si può mai sapere, escono per una visita e quando rincasano c’è lui che ragiona di merci e di macchinari e nemmeno pensa a mangiare. Piace la chimica a Mr Pembrose, e solo lui sa cosa diavolo è. Certo non posso chiederglielo. Del resto cosa ne capirei?
Quindici minuti dopo le sei Mr Benjamin va alla porta.
Gli viene consegnato un biglietto. E’ indirizzato a Mrs Pike.
Quando glielo consegna siamo tutti lì. Vedo la sorpresa negli occhi della governante.
Lo apre e lo legge muovendo appena le labbra.
Restiamo in silenzio nella speranza che Mrs Pike mormori qualche parola. Quando alza la testa dal cartoncino ha un’espressione strana in viso. Dico strana perché non gliel’ho mai vista.
Bisbiglia qualcosa a Mr Benjamin che si allontana e scende le scale. Torna poco dopo con uno Jeeves un po’ agitato che ancora si sta asciugando le mani in uno strofinaccio.
“Mrs Pembrose ci comunica una notizia importante e inaspettata.”
Penso che non verrà a cena, ma non mi pare né inaspettata e tantomeno importante.
“Il re è morto stamane.”
Le facce di tutti sono di pietra. Jeeves scuote il cencio. Mr Benjamin si porta le mani sulla bocca.
“E abbiamo una nuova regina.”
Poi, torna a guardare il biglietto e legge: “La salita al trono di sua maestà la regina Vittoria donerà al paese una promessa di ancora maggiore felicità e prosperità. Ci fermeremo in città per la notte.”
Siamo tutti molto sorpresi e rallegrati. Però facciamo fatica a tirare fuori questa allegria, perché è morto un re e dunque le nostre preghiere non sono state esaudite. Tutti sappiamo quanto è giovane la nostra nuova regina. E’ poco più giovane di me, a dirla tutta.
Jeeves cerca lo sguardo di Mrs Pike e spero non abbia la pessima idea di tirare fuori la bottiglia davanti a tutti. Mr Benjamin ha ancora le mani sulla bocca e gli occhi spalancati.
Eleanor mi si appoggia alla spalla. Mi fa molto piacere, ma cerco di capire con una rapida occhiata se gli altri ci guardano e, se lo fanno, se pensano a qualcosa che non dovrebbero.
Nella testa di tutti, come è ovvio che sia, c’è ancora la notizia appena arrivata.
Solo il giovane Forster appare impaziente. Stare fermo a guardare quelle persone che non fanno nulla lo inquieta. Allora vorrei mettergli le mani nei capelli, ma lui non capirebbe che voglio essere affettuosa e invece penserebbe che voglio giocare con lui. Vorrei anche comandargli di andare a fare qualcosa, ma non sono certo io quella che qui dentro può comandare qualcuno.
“E’ una grande notizia”, dice finalmente Mrs Pike. “Inaspettata e…” poi guarda i due uomini ed è strano vederla pensare a cosa dire. Non rimangono cose in sospeso con Mrs Pike. Il giovane Foster mi pare che vibri per l’impazienza. Se fosse un cavallo gli vederei i muscoli guizzare sotto il manto.
“Sentite”, la governante ricomincia e lo fa con un tono più serio ancora, “oggi è un giorno speciale. Forse non mi capiterà più. E anche a più di uno di noi non capiterà di assistere ancora una volta alla salita al trono di una nuova regina. Che è anche così giovane e bella. E a cui auguro un regno lungo e prospero.” Capisco cosa vuole dire: Eleanor, Foster ed io siamo i più giovani lì dentro, abbastanza da poter essere i figli di tutti gli altri.
“Festeggeremo, dunque.”
La guardiamo tutti sorpresi. Da quando sono qui non abbiamo mai festeggiato cose. Se non su richiesta della padrona.
“Jeeves, torna in cucina, butta sul fuoco qualcosa di saporito.”
Il cuoco non reagisce con la solita prontezza di quando riceve degli ordini.
“E poi impiatta per sei.”
Eleanor ed io ci guardiamo, credo che sia impossibile non pensare la stessa cosa.
“Forza voi tre” ci dice Mrs Pike, “al lavoro! Dritti in cucina a dare una mano.” Il giovane Foster scatta come se in palio ci fosse un premio per il primo che raggiunge la stanza nel seminterrato.
“Mangeremo le cose dei padroni?” chiede Eleanor che ogni tanto si rianima e tira fuori quello sguardo impertinente che è tanto pericoloso quanto attraente per me.
“E lo faremo con comodo.”
“Intende che ci sediamo qui, al tavolo dei signori?”
“Vedi un posto altrettanto grande per tutti quanti?”
“No, signora. E’ che…”
“Vuoi forse rimanere in piedi a riempire i bicchieri, Miss Eleanor con gli occhi di lepre spaurita? Mentre noi banchettiamo celebrando la nuova regina?”
Eleanor fa no con la testa e scappa via, io la seguo, senza prima aver dato un ultimo sguardo a Mrs Pike. Penso che non solo non ho mai sentito la donna parlare così, ma nemmeno in quel viso ho visto così tante cose che solo uno degli amici di Mrs Pembrose, e quel Mr Dickens in particolare, troverebbe le parole per descrivere. Io dico che… no, non lo so fare. Ma che fuoco che c’era dentro, questo sì lo posso dire.
Prima di metterci a tavola nessuno sembra davvero felice di ciò che stiamo per fare. Tranne il giovane Foster, ovviamente, che saltella impaziente chiedendo qual’è il suo posto. Ma in effetti non è felicità la sua.
A dire il vero non è che non siamo felici, è solo che aspettiamo e dunque non siamo niente. Non sappiamo cosa proviamo. E’ una cosa che non abbiamo mai fatto e poiché non sono tanto sicura che possiamo farlo mi viene difficile essere tranquilla e felice. Ma da come guardano il tavolo o le sedie lo pensano tutti. E credo che in qualche testa ci sia ben chiaro il pensiero: e poi cosa succede una volta che ci siamo seduti lì? E cosa domani?
Mrs Pike è l’unica che di questi pensieri ne ha zero: ha portato la casseruola con lo stufato dalla cucina e ci guarda come se volesse qualcosa da noi.
“Beh, che aspettate?”, ma poiché nessuno si muove aggiunge, “Mr Benjamin, fai gli onori di casa. Assegna i posti agli ospiti.”
Mr Benjamin rimane sorpreso. Non si aspettava di dover fare qualcosa, anche se, come tutti, non essendo già impegnato in un’attività, è qui proprio per eseguire ordini. Forse la notizia della morte del re l’ha afflitto più di quanto quella sulla nuova regina lo possa rallegrare.
“Ehm”, inizia a dire, “voi due lì” dice a me e a Eleanor, indicando i posti più distanti, uno di fronte all’altro. “Foster accanto ad Eleanor. Ecco… Jeeves ed io… qui e qui. Mrs Pike a capotavola.”
“Ben fatto, vecchio mio. Forza, su! Seduti!”
Il tono di Mrs Pike ci spinge a non esitare.
Spostiamo gli schienali con una cura che di solito non mettiamo quando sistemiamo la tavola dopo una cena. Anzi, solo toccare quel legno mi pare una cosa molto strana oggi. Non dico poi sedersi alla tavola apparecchiata per i padroni di casa!
“Preghiera?” chiede Mrs Pike ad un Mr Benjamin ancora scosso.
L’uomo si riprende, ma la sua preghiera è frettolosa.
Iniziamo a mangiare. In gran silenzio. Il giovane Foster si porta la forchetta alla bocca ma scruta gli altri. Si accorge di una cosa di cui nemmeno io mi ero resa conto, anche se la stavo già facendo: di quanto ci impegniamo a non far rumore mentre mastichiamo. E per qualche ragione che solo lui sa, si mette a portarsi il boccone alle labbra con lentezza e con la stessa lentezza lo infila tra i denti e quindi comincia a masticarlo come se avesse paura di rompersi i denti. E non smette di guardarsi intorno, quasi avesse paura di non essere all’altezza della situazione.
“Jeeves, per Diana! Il vino!” Al che il cuoco appoggia le posate e guarda Mrs Benjamin e Mrs Pike, come se avesse bisogno di altre informazioni.
Poi finalmente si alza e torna con una bottiglia di rosso che inizia a servire a Mrs Pike. “Vuole assaggiarlo, Mrs Pike?”
La donna non ci pensa due volte e con un gesto ampio che io credo voglia essere raffinato, afferra il calice e con molta calma sorseggia un goccio. Le scappa uno schiocco non molto educato e un altrettanto poco elegante “Dacci dentro, vecchio mio, mezzo bicchiere per tutti stasera!”
“A sua maestà” fa Mr Benjamin alzando il suo calice.
“A sua maestà" ripetiamo tutti in coro.
Finiamo lo stufato e Jeeves fa un altro giro coi bicchieri. Poi inizia a raccontare di come ha voglia di passare le giornate a pescare. Mr Benjamin lo prende in giro, “Non ti ci vedo, vecchio Jeeves, non ti ci vedo proprio a non far nulla.” “Ho detto infatti che vorrei pescare.” “Fermo con una canna in mano, suvvia, Jeeves, che cosa ridicola!”
Jeeves non si scompone, io magari mi sarei un po’ offesa. Ma il vino credo che aiuti tutti ad essere più aperti. Vorrei anch’io dire qualcosa, ma non so proprio da che parte cominciare.
“E tu?” fa Jeeves a Mr Benjamin, “tu che faresti del tuo tempo?”
“Ah, io, vecchio Jeeves, me ne andrei un po’ in città. Fumo e nebbia, treni e mucchi di gente. Di questo ho voglia, tutto il contrario di qui.”
“Beh, ma anche tu sei ben ridicolo, povero Benjamin, tu in mezzo a mucchi di gente! Non ti vedo proprio a tuo agio!” e ha riso divertito.
Mrs Pike li ascolta con un sorriso che la fa sembrare diversa dal solito.
Vedo che Eleanor bisbiglia qualcosa all’orecchio di Foster. Il viso del ragazzo si illumina. E io un po’ inizio a preoccuparmi. Foster si alza e dice qualcosa nell’orecchio di Jeeves e Jeeves fa una faccia divertita, se gli occhi sgranati quello volevano esprimere. Il ragazzo poi corre via.
Mrs Pike con un gesto ci indica di alzarci ed Eleanor ed io lo facciamo subito. Mentre lei accenna a lasciare la sedia, Jeeves guarda Eleanor un istante. La mia amica gli fa un cenno che non capisco ma lui sì.
“Comoda, Mrs Pike, lasciamo fare alla servitù.”
Mrs Pike è sorpresa, si capisce, ma con le mani sembra dire va bene, che male c’è.
Portiamo il resto delle vivande, patate a pasticcio di carne, e le mettiamo in tavola. Eleanor ed io siamo indecise su chi deve servire nei piatti.
In quel mentre arriva Foster. Reca qualcosa in mano che non riesco a vedere. Quando si accorge che non solo io lo sto guardando, sposta dietro la schiena quell’oggetto. Va alle spalle di Mrs Pike, ma fissa Eleanor che gli fa cenno di proseguire. Tutti adesso guardano a capotavola. Solo Mrs Pike non sembra aver capito che è lei al centro dell’attenzione di Foster.
Il giovane solleva una coroncina di rami, un ingegnoso intreccio di cotonastro e lillà e lo posa sulla testa della donna. Mrs Pike è troppo sorpresa per reagire. Foster corre da Eleanor che si affretta a dirgli altre cose all’orecchio. Il ragazzo sorride e guardando la governante dice con il massimo del tono solenne di cui è capace: “Salutiamo la nostra amata regina!”
Mrs Pike ci mette un attimo a reagire.
Serra le labbra come se si preparasse a lanciare un rimprovero urticante.
Poi alza gli occhi al cielo, quasi sperasse di poter vedere fino sopra i capelli. Si tocca la corona, la aggiusta un po’. Poi si mette a ridere. E uno dopo l’altro ridiamo tutti.
“Brindiamo alla regina della casa!” dice Jeeves e solleva il calice verso Mrs Pike.
Tutti beviamo l’ultimo sorso.
“Altro vino, Mr Benjamin, solo lei conosce i segreti piaceri della cantina di questa casa.” Al che il maggiordomo alza un sopracciglio, io mi immagino perché lusingato da quelle parole.
“Allora sua maestà, mi accomiato giusto il tempo di predispormi a servirla in modo da soddisfare le sue più alte aspettative.”
Tutti ridiamo per quella frase così cerimoniosa, ma il maggiordomo sta al gioco e impettito si allontana.
La bottiglia che Mr Benjamin porta in tavola è francese, si chiama champagne e le bollicine che scivolano dalla lingua giù in gola fanno venire voglia di un altro sorso.
Foster non sta nella pelle dall’eccitazione. Ma l’atteggiamento che Mrs Pike sostiene, unito alla semplice ma vistosa corona che le orna la testa, lo mettono in soggezione abbastanza da frenare la parte più vivace e molesta della sua indole. Eleanor invece mi lancia sguardi che mi fanno arrossire e non solo. Io vorrei poter dire di recitare la parte della timida, ma in quello strano trambusto non recito affatto. Il vino mi confonde e le ricambio gli sguardi come una verginella di certe storie patetiche. Questo, come forse avrei anche potuto immaginare, le piace molto.
Il pasticcio di carne si sposa bene con questo champagne.
Il tappo di una seconda bottiglia vola attraversando tutta la sala.
“Un hurrà per la regina!” fa Jeeves, sempre pronto ad alzare il calice.
Vedo che le guance di Mrs Pike sono diventate rosse, gli occhi sono lucidi più di quanto siano quando di nascosto beve dalla bottiglia di Mr Benjamin.
Credo, perché la mia vista si è annebbiata un po’, che la testa le ondeggi. E invece sono sicura che il suo sorriso le rimanga troppo a lungo stampato sul viso.
“Miei amati sudditi!” esclama ad un certo punto Mrs Pike, molto presa nel suo ruolo. “Questo è un gran giorno”, le parole le escono male, come se la lingua fosse gonfia o la mascella contratta dal freddo. “Voglio dire che sono felice di essere qui, in questa sala, seduta su questa sedia, a mangiare cibo adatto al mio rango.” Foster applaude, non so bene perché. Eleanor gli mette una mano sulla spalla perché non si lasci troppo andare.
“Noi, mia regina…” inizia a dire Jeeves, ma un gesto di Mrs Pike lo zittisce.
“Voglio dire… che questo è il giorno più bello, perché qualcosa di nuovo comincia. E qualunque cosa cominci all’insegna della giovinezza non può essere che bella e degna del nostro più grande rispetto.” Socchiude gli occhi, con la lentezza che il peso del vino ha messo alle sue palpebre.
“Ma questo è anche un giorno importante perché ho chiaro… ho finalmente chiaro in mente come prendere in mano” e stringe nel pugno qualcosa di invisibile nell’aria, “di prendere e di afferrare il mio destino. Perché io, io che sono stata sulle ginocchia di Wolfe Tone, prima della battaglia di Tory Island… prima che la ribellione…”, sul viso di Mrs Pike è scomparso il sorriso, in quel modo deciso che ti fa pensare che per tutta la sera e tutta la notta non tornerà più. C’è un silenzio che pare lungo, ma siamo tutti appesantiti di cibo e di vino, e possiamo reggerlo abbastanza da non interferire con Mrs Pike che sembra voler aggiungere ancora qualcosa.
“Domani, tra poche ore, 21 giugno, saranno trentanove anni da quando mio padre è morto. Ero così piccola e solo storie so di lui. E certo che mi amava da buon padre, ma io non posso ricordarlo. Ecco, quell’amore… quell’amore non gli ha impedito di unirsi ai ribelli, giù a Vinegar Hill, così tanta strada da casa, loro che volevano cacciare gli inglesi come i francesi avevano fatto con il loro re... E’ morto come un eroe, mi hanno detto. E ancora i vecchi vi possono dire, se andate là dalle nostre parti, com’è che da quel giorno è diventato Pike, per tutti Pike l’eroe coraggioso. Lui che si è lanciato con la sua picca che ha trafitto il fante mentre questo gli piantava una palla di moschetto in un occhio. Sono morti entrambi, un giovane padre senza un occhio e un giovane fante col cuore bucato. E da allora io porto quel nome con orgoglio, la figlia di Pike e Pike io stessa, come se portassi ancora alta la picca con cui mio padre voleva cambiare le sorti della nostra terra. E mai altro nome avrò finché campo… e questo nome sarà scritto sulla lapide quando verrà il giorno. Ma quel giorno mi troverà là, accanto a mio padre. Ed è dunque là che voglio andare.”
Il silenzio che segue le parole di Mrs Pike è impressionante. Lo sguardo degli uomini si è abbassato, quello di Eleanor mi cerca ma io non so cosa pensare. Questa storia mi ha travolto.
“E dunque lascio la corona e lascio questo regno che non mi appartiene.” Mrs Pike si sfila il suo ornamento regale.
“Qualcuno che la vuole?”, guarda verso noi ragazze.
“La vuoi forse tu Nelly”, mi dice allungando la corona come se le avessi già detto di sì.
“Forza, qui non conta il diritto di sangue. E’ la tua giovinezza che ti premia. Solo giovani regine vogliamo!”
Tutti mi guardano e per qualche momento penso che con quella corona in testa non sarei più quella di prima. La ragazza poco più che bambina che ha lasciato casa, la mamma sola, un fratello affettuoso e strambo a modo suo, e che è giunta a prestare servizio qui senza sapere niente del mondo e della vita, che adesso può avere qualcosa di più. E lo possa avere subito, solo perché la ruota della fortuna ha fatto il suo giro. E che con quella corona, indossata questa sera, ma che poi avrei nascosto sotto il letto già stanotte, potrei parlare a Mrs Pembroke non certo da pari, ma con più confidenza. Tanto da poter rispondere alle sue domande, consigliandola sugli arredi, sui fiori e pure sui nuovi quadri che vorrà appendere in casa. E d’ora in poi sarei io, qui, a prendere le decisioni, adesso che Mrs Pike ha detto quel che ha detto, e soprattutto ha fatto quel che ha fatto. Perché le cose cambieranno. La nuova regina farà cambiare i piani a Mr Pembroke e questa casa non rimarrà vuota dei suoi padroni.
Ma dura solo pochissimo questo filo di pensieri. Le mani mi tremano e allora penso che non devono aspettarsi che io prenda sul serio questo gioco. Che è durato fin troppo. E quel che è peggio è che non doveva neppure cominciare.
“Allora?”
La verità è che è tutto sbagliato, fin dall’inizio.
E allora dico: “Non si può essere regina, anche solo per una notte, senza pagarne le conseguenze.” E domani tutti le conosceremo.
La corona cade sul tavolo. Il giovane Foster corre per afferrarla, ma la mano enorme di Jeeves lo trattiene.
“Dell’altro vino, signori? Un nuovo giorno del nuovo regno si avvicina. E sarà prosperità e gioia. E chissà cos’altro.”
Nessuno dice niente.
Eleanor mi guarda e dai suoi occhi scorgo che forse vede quello che potrei essere.
Lasciamo Mrs Pike a piangere.